Gli animali erano in passato frequentemente utilizzati per alleviare le dure fatiche del lavoro nei campi. Cavalli, muli ed asini, essendo dotati di una grande forza fisica, servivano per il trasporto di carichi sul traino, in dialetto “ ‘U train“, o persone sulla carrozza o sul calesse, “La carrèzz” e “La sciarrètt“.
Possedere un animale voleva dire sicuramente avere una gran fortuna. In passato la grandissima maggioranza della popolazione materana viveva nei rioni Sassi, nelle umide grotte scavate nel tufo trovavano dimora anche le bestie, insieme agli uomini. Compagni di vita, nella fatica e nel quotidiano, i contadini usavano rientrare a casa con gli animali i quali venivano collocati in appositi ambienti dell’abitazione a loro riservati. In un contesto di estrema povertà, le bestie venivano trattate quasi alla pari dei membri della famiglia; perdere un animale voleva dire quasi perdere un proprio caro, oltre che un valido aiutante per gli impegni lavorativi.
Il cavallo seguiva l’uomo in tutte le attività di campagna: l’aratura della terra, il trasporto della legna e gli spostamenti da e verso casa. La misera ricompensa per l’animale consisteva in un sacco di paglia ed un secchio d’acqua, al termine della lunga ed estenuante giornata lavorativa. A seconda del tipo di lavoro che si accingeva ad eseguire, sul cavallo venivano applicati tipi diversi di finimenti: sulla testa, ad esempio, veniva posto ” ‘U cuapustr” o “ ‘U cuapazzaun“, nei giorni di festa chiamato “La capazz” (il capestro), a cui venivano collegate le redini. Dentro la bocca, al fine di riportare il cavallo all’obbedienza, veniva posto il morso, in dialetto “La s’rrètt“, mentre il pettorale, ” ‘U pttrèll“, era la cintura di cuoio rigido collegata al bilancino tramite due ciappe. Un’altra cinghia veniva posta sotto la pancia, chiamata ” ‘U sottaponz ch la vardèdd“, essa fungeva sia da abbellimento sia per accogliere gli assi del traino, “ ‘U sddogn du traijn“; tuttavia, la funzione principale di questo finimento era soprattutto quella di scaricare la pressione sollecitata durante la salita o per i vari dislivelli del terreno. Alla cinghia sottopancia era collegata “La vrèch“, ovvero l’imbraca, costituita da un fascio di cuoio che serviva come protezione, oltre che come copertura per la parte posteriore. Sul dorso dell’animale, la “Varredd“, si poneva un panno (con all’interno della paglia dura), il cosiddetto “Pannjdd“. Dal panno partivano gli assi di legno che servivano per il tiro, collegati alle funi laterali.