Il rituale dell’uccisione e della lavorazione delle varie parti del maiale durava diversi giorni, questa operazione richiedeva infatti molto impegno, oltre che tempo. Di solito l’uccisione dell’animale avveniva al calare della sera, quando i contadini erano di ritorno dalle campagne. Successivamente si dava inizio ad una festa. Si cenava, si beveva vino e si cantava, accompagnati da orchestrine improvvisate che intonavano canti dialettali tipici del periodo; canzoni che suscitavano allegria ed aiutavano a nascondere, seppur per pochi attimi, i problemi legati alla miseria ed alle dure condizioni di vita. Molto spesso le famiglie dei vicinati vivevano questi momenti come una festa comune, ricambiandosi vicendevolmente l’invito e la partecipazione.
Spesso nelle case dove avveniva l’uccisione del maiale andavano in scena le cosidette “Matinate” (in dialetto “‘U matnèt“), ovvero piccole feste che amici e parenti improvvisavano come scusa per mangiare i prodotti derivati da questa pratica, prodotti come ad esempio i salumi. Senza dir niente ai diretti interessati, gli organizzatori delle matinate si presentavano in comitiva direttamente a casa dei “festeggiati” intonando canti tipici della tradizione materana e suonando strumenti come la “Cupa cupa” (strumento composto da un recipiente, di solito in terracotta, con un foro centrale nel quale passa una canna appoggiata con una membrata, foto a destra), la fisarmonica (“La irjanett“), la chitarra (“La catorr“), il mandolino (“‘U mandlljn“) ed il tamburello (“‘U tambrrjdd“). Brindisi a volontà, rime improvvisate e canzoni si protraevano per tutta la serata e infondevano allegria in tutto il vicinato.
La famiglia, sorpresa dall’improvvisa matinata, lasciava entrare in casa tutti i presenti ed offriva loro del buon vino ed i prodotti derivati dall’uccisione del maiale. Dato il ripetersi di questa simpatica usanza, le famiglie che aspettavano le matinate si mantenevano in allerta, iniziavano quindi i preparativi per non rimanere del tutto sorpresi e non sfigurare al cospetto di amici, parenti e del vicinato. Il nome “Matinata” deriva proprio dalla festa che spesso si protraeva fino alle prime luci dell’alba.
Ai giorni d’oggi i bambini si divertono lanciandosi coriandoli e fettucce colorate durante il periodo di carnevale, in passato ciò avveniva solamente di rado (e solo verso gli ultimi giorni di carnevale), i nostri nonni ricordano invece come per via del Corso si era soliti lanciarsi enormi quantità di confetti. I più piccoli raramente indossavano mascherine fatte a mano e costumi improvvisati, mentre molto spesso i nonni erano dediti al trucco. Le ragazzine riutilizzavano sciarpe e copertine di seta colorate che appartenevano alla mamma o alle nonne. Non potevano mancare di certo gli scherzi, perchè il detto “A carnevale ogni scherzo vale” era rispettato anche a Matera, divenendo “A cuar’n’vèl ogni scherz vèl“.
Era tangibile l’atmosfera festosa che si diffondeva nei Sassi nel freddo inverno materano; non era difficile imbattersi in allegri concertini di tarantella (“Tarantell“), quadriglia (“Quadruglij“) e pizzica (“Puzzch puzzch“); il clima festoso coinvolgeva giovani ed anziani di interi vicinati. Per i più grandi le matinate erano una occasione per ritrovare amici e parenti e per allentare il peso dei problemi quotidiani; per i ragazzi più giovani, invece, queste feste rappresentavano l’occasione per portare la serenata (“La s’rnèt“) alle ragazze, e quindi per strappare una promessa di fidanzamento o di matrimonio.
Desideriamo ricordare l’indimenticato Peppino Persia, detto “‘U mattnetê“, musicista materano molto famoso in città per le sue matinate, di cui si rendeva protagonista munito rigorosamente di “Cupa cupa“. Peppino vive nei ricordi dei suoi numerosi amici e nei filmati dell’emittente televisiva materana TRM (Radiotelevisione del Mezzogiorno), alcuni dei quali presenti in questa pagina.