Il giorno che segue la Pasqua è detto Lunedì dell’Angelo, comunemente Pasquetta o in dialetto materano “Capjccjl” (cappuccini); i materani, infatti, erano soliti recarsi presso Rione Cappuccini, al confine Sud della città, per fare una scampagnata in un’area verde rocciosa, ricca di fiori. Qui gli abitanti della città dei Sassi consumavano focacce, carne o cardoncelli in brodo accompagnati da frutta secca come arachidi (“Njcèd“), noci (“Njc“), castagne (“Castògn du prjpjt“), mandorle (“Amèl“), ceci (“Ciucjr“) e fave (“Fèf“), acquistate nelle bancarelle che venivano allestite per l’occasione. Nei dintorni si posizionavano anche i venditori di palloncini colorati e di “Cuccù“, tipico fischietto materano presente in diverse varianti, tra cui la più diffusa era rappresentata dal carabiniere (“Carabjnjr cu’ fischiarjl n’ghjl“, carabinieri con il fischietto nel sedere).
(il “Cuccù”, tipico fischietto materano a forma di uccellino)
Tra le famiglie sedute nel verde giravano i venditori di bibite (mantenute fresche nel ghiaccio), tra cui l’innovativa “Gassosa” (in dialetto “La gazzaus“), e di granite, che in dialetto prende il nome di “Rasckèt” (letteralmente graffiata), composta da ghiaccio grattugiato insaporito da sciroppo di limone o amarena. Ogni rivenditore urlava per pubblicizzare il proprio prodotto, tra questi spiccava il famoso Giovanni (“Giuonn”) che pubblicizzava la propria graffiata (“La raskèt d Giuonn”) o la propria limonata(“La lmnèt d Giuonn”).
Trascorsa la Santa Pasqua, in ogni rione si procedeva con la benedizione delle case dei parrocchiani. Ogni parroco, con al seguito i chierichetti, riceveva dai proprietari delle case come segno di ringraziamento qualche uova o qualche centesimo.