Tornare indietro negli anni, analizzare quindi il nostro passato, rappresenta la chiave di lettura per meglio comprendere il nostro presente. Direttamente dall’immenso archivio RAI vi proponiamo questo fantastico documentario sulla città di Matera, per la trasmissione “Ritratti di città“, un programma di Enrico Gras e Mario Craveri, fotografia di Franco Castelli, commento musicale a cura di Franco Potenza, voce di Rolf Tasna, consulenza di Luca Pinna. Questo filmato, della durata di 50 minuti, rappresenta una fotografia limpida ed estremamente realista della vita a Matera alle porte degli anni ’70, precisamente nell’anno 1968. Un vero e proprio spaccato della società materana di cui analizzeremo le parole, le descrizioni e gli interrogativi che vengono posti, alcuni dei quali ancor oggi attuali.
Proviamo quindi a viaggiare con la fantasia indietro nel tempo, siamo nel 1968, un periodo storico di grandi cambiamenti per il capoluogo lucano. Solo vent’anni prima il leader del partito comunista Palmiro Togliatti, in visita a Matera nel 1948, non esito a definire i Sassi “Vergogna nazionale”. Un appellativo diretto e severo, ma per molti aspetti giusto considerando le condizioni di vita dei cittadini materani.
“Un girone dantesco o un presepe, ma la realtà era ben più peggiore delle metafore.”
Facciamo un ulteriore passo indietro. Fino agli anni ’50 la popolazione materana, per lo più composta da contadini, abitava per la stragrande maggioranza in grotte scavate nel tufo. Famiglie numerosissime vivevano in condizioni igieniche precarie, in compagnia degli animali con cui condividevano la giornata lavorativa. L’alimento che accompagnava qualsiasi pasto della giornata? Il pane.
“Una metropoli contadina. Non si può parlare del contadino materano senza parlare del mulo, instancabile compagno di vita e di lavoro. Anche il cane viveva con l’uomo, ma non lo aiutava nel lavoro. Quando la giornata lavorativa volgeva al termine e l’uomo poteva riposarsi, il mulo continuava a lavorare per riportare il contadino a casa.”
“Il pane era il primo, il secondo ed il terzo piatto del contadino materano. La materia prima con cui sono stati fatti uomini e donne materani.”
Nelle grotte dei Sassi la mortalità infantile raggiunse cifre spaventose nei primi decenni del ‘900, un contesto in cui povertà ed analfabetismo regnavano sovrani. Con la denuncia di Carlo Levi nel libro “Cristo si è fermato ad Eboli” l’attenzione nazionale gradualmente si concentrò su questo angolo d’Italia da sempre dimenticato da tutti. Dopo la visita di Palmiro Togliatti, nel 1950 fu il primo ministro Alcide De Gasperi a rendersi conto della gravità della situazione. Due anni più tardi, il 17 maggio 1952, proprio per mano di De Gasperi e su suggerimento dell’allora Ministro lucano Colombo fu emanata la “Legge Speciale per lo sfollamento dei Sassi”; lo Stato si impegnava, quindi, a costruire una seconda città a margine della prima, con nuove abitazioni e nuovi servizi (come la fognatura e l’acqua potabile) fino a quel momento sconosciuti ai materani. Team di esperti si unirono per studiare la soluzione migliore al fine di rendere più lieve e meno traumatico l’impatto sociale dovuto allo sfollamento dei vecchi rioni in tufo. I materani, circa 17.000 persone, vennero posti quindi al centro di un nuovo esperimento sociale. Furono costruiti negli anni ’50 nuovi quartieri cercando di riprodurre le caratteristiche sociali dei vecchi.
“Matera ed il suo territorio erano l’immagine concreta di tutti i mali del Sud, per questo divennero la zona pilota per un programma organico di interventi pubblici, un banco di prova per la politica di sviluppo del meridione.”
Tuttavia, il team di esperti, studiando la sociologia dei Sassi, fece una importantissima ed inaspettata scoperta. In quei quartieri poveri e malsani, in profondità si celava un immenso tesoro.
“Si scoprì fra le grotte un patrimonio di sapienza e di saggezza così profondo che non si tardò a definirlo “Civiltà contadina”. I sociologi avrebbero voluto conservarla anche durante lo sfollamento, ma rapidamente questa si dissolse non appena venne a contatto con il mondo moderno. La fine di un sogno sociologico. Questa comunità contadina era depressa dal punto di vista economico, era cioè povera di beni, ma non di valori morali ed umani (racchiusi nel senso di Vicinato che caratterizzava ed accomunava le famiglie dei Sassi).”
Nei Sassi, infatti, i famosi “Vicinati” raccoglievano tre, quattro, cinque o più famiglie che condividevano tra loro gioie, dolori, bisogni, speranze e preoccupazioni, divenendo un’unica famiglia. Nonostante gli studi fatti dalla “Commissione per lo studio della città e dell’agro di Matera”, non furono pochi i casi di materani che decisero di non fuggire dal loro classico stile di vita, fatto di stenti e fatiche, di povertà materiale ma ricca dal punto di vista della socialità, rinunciando di fatto alle nuovissime abitazioni vendute a prezzi stracciati.
Negli anni ’60, al termine del processo di sfollamento dai vecchi rioni in tufo, cosa era rimasto nei Sassi?
“Qualcosa in realtà era rimasto nei Sassi. Un’atmosfera, un calore di vita. Anzi, una vita. Come se i Sassi avessero un’anima. Che ne è successo della Matera di ieri? Che cosa sono diventati i Sassi dopo il trasferimento? Gli studenti delle scuole di Matera li visitano come se si trattasse di un rinvenimento archeologico, di qualcosa ormai lontanissimo. Eppure, non pochi genitori di questi ragazzi hanno abitato qui. Li visitano come una Pompei, come rovine di un mondo sconosciuto e forse qualcuno di loro è nato qui.”
Desta molta curiosità l’analisi della Matera nuova, moderna, dei nuovi quartieri e delle abitudini dei cittadini, trasferiti in quartieri nuovi in abitazioni nuove di zecca, ma rimasti ancorati a vecchie abitudini e sani valori (che possiamo riconoscere anche nei materani di oggi).
“La città conserva ancora una misura umana per cui tutti i cittadini si conoscono tra loro, hanno il piacere di incontrarsi e salutarsi. Essere materano non è un freddo dato anagrafico dovuto al fatto di essere nati qui, ma significa far parte di una genealogia, di un’immensa parentela. Anche la città appartiene ancora ad i suoi abitanti. Altrove i cittadini sono a stento tollerati persino sui marciapiedi, qui i cittadini sono ospiti delle vie e delle piazze che diventano sale e salotti. Alla domenica pomeriggio tutti gli uomini sono qui, tutti rigorosamente vestiti uguali come in una cerimonia. Di cosa parlano? Nelle altre città l’indifferenza reciproca caratterizza i rapporti sociali, a Matera invece interessarsi con sincerità dei fatti altrui è ancora un dovere ed una cortesia. Questa città conserva il privilegio di una convivenza cittadina piena di carlore, di una vita collettiva fatta di relazioni e rapporti umani. Ad una certa ora le prime pattuglie di donne rompono gli schieramenti di uomini a cui era riservata la piazza. E’ il segnale di inizio del gran passeggio tipico delle città di provincia, ma che qui assume proporzioni colossali man mano che i quartieri si svuotano per riversarsi al centro. Il muro compatto di abiti scuri e camicie bianchissime si mette in marcia. Tutta la città è presente per questo scambio di cordiali visite ambulanti, per questo appuntamento di simpatia collettiva.”
Alcuni giovani materani, consapevoli dell’enorme potenziale della città fino ad allora inespresso, decisero di offrire il proprio tempo e le proprie competenze al servizio di Matera. Un giovanissimo avvocato Raffaello De Ruggieri, oggi Sindaco di Matera, illustra le attività del “Circolo culturale La Scaletta“, non un normale luogo di incontro ma una fucina di idee, un centro in cui la cultura e l’arte diventano tangibili, un gruppo di amici che hanno come obiettivo comune la scoperta e la salvaguardia dell’immenso patrimonio artistico e storico della città (soprattutto le chiese rupestri).
Il video si conclude con delle domande, alcune attualissime, sul destino e sulla funzionalità dei Sassi nel futuro.
“Oggi i Sassi dopo dieci anni pongono un drammatico interrogativo. Siamo arrivati ad un punto che a prima vista può apparire paradossale. Se i Sassi abitati erano un problema, i Sassi disabitati lo sono altrettanto. C’è chi parla di distruggerli, chi addirittura di ripopolarli. Sono alternative così gravi che circa un anno fa (1967 n.d.r.) è uscita una nuova legge che stanzia altri 5 miliardi per completare la legge del 1952. In che senso? Come stanno i termini di questo problema? Innanzitutto i Sassi disabitati, e quindi privi di manutenzione, sono un pericolo per Matera perchè le grotte franano per le infiltrazioni e costituiscono una minaccia sanitaria per le torme di topi che cominciano ad infestarle. Con l’abbandono diverrebbero un lugubre cimitero di caverne in rovina fino a perderne la memoria. I Sassi, che fino a poco fa erano considerati una “Vergogna sociale”, sono stati dichiarati “Monumento nazionale” come il Foro romano o la città di Pompei. Molti sembrano chiedersi come mai ciò sia avvenuto. I Sassi hanno un immenso valore storico come testimonianza di millenni di vita contadina dalle sue origini più lontane. Sono forse l’agglomerato urbano più antico del mondo. I Sassi hanno anche un valore artistico perchè sono uno degli esempi più significativi dell’architettura spontanea, nata giorno per giorno dalle mani di un popolo di braccianti. Un capolavoro di invenzione, fantasia e funzionalità, in un gioco di intricato di stradine, scalette e di archi. Presentano angoli di notevole valore artistico nelle facciate, nei portali, nelle chiese scavate nel tufo e affrescate. Ecco dunque il perchè di questa nuova legge che si propone di dare ai Sassi una destinazione definitiva degna del loro significato.”
“C’è la legge. C’è il finanziamento. Ci sono tutte le buone intenzioni. Ma che fare in pratica dei Sassi? Le opinioni sono molte e contrastanti.”
Un giovanissimo Vincenzo Viti, divenuto successivamente un noto politico locale, prova a rispondere tracciando un programma del futuro dei vecchi rioni in tufo. I Sassi come tessuto connettivo tra il passato ed il presente della città, un’area che ingloba piccole botteghe artigiane, ostelli della gioventù, ritrovi culturali e ricreativi, scuole d’arte, teatro ed università popolare, istituti di storia medioevale. Da qui la constatazione:
“Ripopolare i Sassi non è un paradosso dopo le fatiche e le spese impiegate per svuotarli. Si tratta ora di trovare una destinazione intelligente che non faccia di questa scenografia nobile e dolente un fondale di cartapesta, abitato da comparse in costume che posano per flotte di turisti. Se è stato un atto di civiltà quello di vuotare i Sassi, lo è altrettanto quello di restituire a nuova vita, di farne un monumento che sia l’orgoglio di Matera. Gli umili Sassi di ieri sono entrati a far parte dei patrimoni di cultura che appartengono al mondo, delle testimonianze di vita che arricchiscono l’umanità.”
Tristemente bello, sarebbe interessante ascoltare la testimonianza di chi ci è vissuto.