(i tre archi presenti sul terrazzo di Torre Capone)
La storia
Nel 1973 la materana Camilla Motta acquistò da privati la Torre del Capone, un bastione che fa parte della cerchia muraria della città costruita a seguito del popolamento del rione Sasso Caveoso. L’origine del nome “Capone” è ancor oggi incerta; secondo il canonico Nicolò Domenico Nelli (come riportato nel suo manoscritto “cronaca”), una pergamena del 1382 conterrebbe la risposta a questa domanda: la denominazione del luogo deriverebbe dal nome della famiglia “Carbone”, probabilmente proprietaria dell’edificio. La torre è stata soggetta e testimone di innumerevoli modifiche e di una costante stratificazione, fino al suo completo riempimento avvenuto verosimilmente nel XIX secolo, che ne rende molto complessa la lettura storica; ad oggi è quasi impossibile svuotarla del tutto dai detriti.
(Torre Capone in primo piano, dietro la precedente cinta muraria)
Come detto, Torre del Capone fa parte della cerchia muraria sorta dopo il popolamento del Sasso Caveoso, integrando di fatto le già esistenti mura difensive del Castiglione (sorte per iniziativa dei Normanni fra il IX e il X secolo). La cerchia muraria partiva dalla piazza Grande, poi divenuta piazza del Sedile, e seguiva in discesa via Pennino. Sulla sinistra della Torre del Capone vi era una porta di arroccamento con una ripida rampa per consentire il rapido raggiungimento del Castel Vecchio (attuale piazza Duomo, nei pressi della Cattedrale) in caso di pericolo (la porta oggi esiste ma non è più visibile perché in parte occlusa). La Torre del Capone è sottostante ad un’altra torre trapezoidale, difesa avanzata del Castel Vecchio, unica rimasta del castello normanno.
(la precedente cinta muraria con inglobati Palazzo Saraceno e Palazzo Ferraù, oggi Bernardini)
Nel 1500 il conte Orsini vendette per debiti tutta la struttura, spezzettandone la proprietà a favore delle più importanti famiglie materane dell’epoca. Nacquero così diversi palazzi nobiliari, spesso parzialmente inglobati nella cinta muraria e parzialmente costruiti esternamente sfruttando il materiale di risulta degli scavi (ad esempio Palazzo Santoro e Palazzo Firraù, oggi Bernardini).
All’inizio del ‘900 la Torre del Capone fu abitata dal canonico don Samuele Turi che la cedette al nipote. La storia che segue presenta un grande vuoto che coincide con gli anni più difficili nella storia della città. Il sovraffollamento dei rioni Sassi, registrato nei primi 50 anni del XX secolo, costrinse probabilmente più nuclei familiari a condividere questi ambienti. In tutta la struttura sono state rinvenute infatti tracce di più forni (presumibilmente tre), con una canna fumaria posta sulla sommità. Di fatto dopo il grande esodo dei vecchi rioni in tufo, iniziato nel 1952 con la “Legge Speciale per lo sfollamento dei Sassi”, questi spazi furono inesorabilmente abbandonati.
Siamo arrivati così alla storia più recente. L’intero stabile fu acquistato nel 1973 dalla famiglia Motta ed utilizzato parzialmente nei decenni successivi come sede operativa degli scout di Matera. Nel 2017 un gruppo di giovani materani ha dato il via ad un processo di recupero, attuando un disboscamento del verde selvatico seguito da un restauro e risanamento conservativo degli ambienti. L’obiettivo è trasformare questi spazi nella sede del TAM – TowerArtMuseum, un museo di arte contemporanea che porterà nuove produzioni artistiche all’interno di un contesto storico unico.
Il TAM - Tower Art Museum
Il nome TAM altro non è che il ribaltamento di MAT: l’obiettivo di questo contenitore culturale è ribaltare la concezione della città, andando oltre la retorica della “Vergogna” e di un passato che appartiene solo come habitus alle nuove generazioni. Il percorso di trasformazione degli spazi attorno Torre del Capone in un museo è documentato nel progetto “Volevo solo aprire un museo”, a cura di Mauro Acito, Dario Colacicco, Rita Padula, Silvia Parentini, Debora Russo e Chiara Valzer: video e racconti documentano i lavori, le difficoltà e i passaggi principali di questa avventura nel settore culturale in Italia; l’obiettivo è utilizzare i social network per raccontare un processo che è dato spesso per scontato e tutto ciò che c’è dietro l’apertura di un museo d’arte contemporanea privato che presenti nuovi contenuti e che sia economicamente sostenibile nel lungo periodo.
Il percorso di “Volevo solo aprire un museo” vuole anche mostrare come, tra mille difficoltà e lungaggini burocratiche, si possa fare impresa, giovanile, culturale e al Sud sfruttando le occasioni che si presentano volta per volta. L’anno 2019, in cui la città ha rivestito il ruolo di Capitale Europea della Cultura, ha permesso di trovare una fiducia insperata, oltre che l’attenzione su cosa sta succedendo a Matera da parte di giornalisti, artisti e policy maker.
(interno del TAM – Tower Art Museum)
Il TAM / TowerArtMuseum produrrà due mostre l’anno: l’obiettivo è portare, nel cuore del Sasso Caveoso, un contenitore culturale che accompagni gli artisti in un percorso di conoscenza e utilizzo dei materiali e delle tecniche tipiche del territorio, in modo da produrre mostre uniche e non ripetibili in altri contesti; negli ultimi anni i Sassi di Matera sono stati protetti da una campana di vetro che ne ha permesso un recupero sano e corretto ma che, alla lunga, rischia di trasformare il quartiere in un museo a cielo aperto. Questa “teca” garantisce la conservazione ma non permette all’ossigeno vitale di scorrere: produrre nuovi contenuti e ibridare gli spazi, creando nuovi ed inediti punti di contatto tra produzione artistica contemporanea e contesto storico, è un modo attento e testato per portare nuova vita e creare nuovi innesti.
A causa di lungaggini burocratiche il museo non è attualmente fruibile in modo permanente, mentre viene aperto esclusivamente in occasione delle giornate FAI. Alcune stanze non sono visitabili in quanto già contengono alcune
installazioni della prima mostra, prodotte in loco da alcuni degli artisti coinvolti in questo lancio: Canemorto (IT), MOMO (US), StudioAntani (IT). La prima mostra punterà a dare una nuova visione della città e della sua storia, giocando con forme, colori, tradizioni, leggende e storie.
Dove e come arrivare
La Torre Capone – Museo TAM è situata in via Pennino 9. La strada è in realtà una lunga scalinata che collega piazza Sedile a via Muro, consentendo di raggiungere il rione Sasso Caveoso. Come qualsiasi luogo ubicato nei rioni Sassi, il sito è raggiungibile seguendo molteplici percorsi. Consigliamo di partire da piazza Sedile: guardando frontalmente la sede del Conservatorio di Musica “E.R. Duni”, oltrepassare l’arco posto sulla sinistra in direzione Palazzo Saraceno e Palazzo Bernardini (Ferraù). Dopo circa dieci metri seguire la scalinata presente sulla destra per circa 70 metri, prima di trovare Torre Capone alla vostra sinistra.