Murgia Timone, insieme a Murgecchia, è uno dei due altipiani posti di fronte ai Sassi, al di la del torrente Gravina. Posizionato a Sud-Est rispetto al torrente Jesce, il quale lo separa da Murgecchia, Murgia Timone ha un aspetto caratteristico per via delle grotte che terminano a strapiombo sulla Gravina di Matera, ben visibili dagli antichi rioni in tufo. L’altura è collocata frontalmente rispetto la Civita, la parte più antica dei Sassi. In quest’area sorge il primo villaggio trincerato scoperto dall’archeologo Domenico Ridola, più precisamente il ritrovamento viene attribuito al contadino materano Giovanni Iacovuzzi, uno dei più validi collaboratori di Ridola, quest’ultimo fu coinvolto in un secondo momento.
Il villaggio, nel complesso di forma quasi ovale, raggruppa più capanne Neolitiche e presenta esternamente un fossato, definito da Ridola una “Trincea”, scavato molto probabilmente con strumenti di pietra. Il fossato varia tra 1,90 e 2,70 metri in larghezza, 1,50 e 2,50 metri in profondità. Il perimetro complessivo del fossato è di 664 metri e racchiude un’area di oltre 20.000 metri quadri, mentre il villaggio possiede in totale due accessi: uno ad Ovest largo circa 4 m, l’altro ad Est. All’interno del fossato sono stati rinvenute da Ridola numerose buche per l’inserimento di pali in legno, ciò lascia pensare alla presenza di più capanne. Le sepolture avvenivano in pozzi o in grotticelle nei fossati ormai interrati, sul tracciato Sud del fossato occidentale sono state ritrovate infatti tre tombe a grotticella ipogea (foto in alto), ovviamente successive all’occupazione del sito.
Ridola decise di approfondire gli studi in questa zona dopo aver ritrovato nell’area numerosi oggetti dell’età preistorica, soprattutto pietre lavorate.
Il sito, dalla notevole importanza storica, ha suscitato l’interesse di altri archeologi illustri come Rellini e Lo Porto, i quali hanno proseguito le ricerche avviate da Ridola riportando alla luce numerosi altri reperti, tra cui oggetti in ceramica graffita come frammenti di vasi dipinti, tre accette in pietra levigata (tipiche del Neolitico), spatole in osso e lame.
Attualmente i numerosissimi reperti rinvenuti in questa area sono conservati nel Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola” di Matera.
Dove e come arrivare
Percorrendo la SS 7 via Appia in direzione Taranto-Laterza, girare a destra seguendo le indicazioni su cartello “Chiese Rupestri”. Proseguire sempre dritto fino a girare per il Centro Visite Jazzo Gattini, qui parcheggiare l’automobile. Per il villaggio trincerato bisogna dirigersi a piedi verso l’area camper di Masseria Radogna, girare a sinistra e poi nuovamente a sinistra, seguendo le indicazioni sulla mappa.