In molti paesi del materano la ricorrenza in memoria dei defunti iniziava già dal 26 ottobre, esattamente una settimana prima del 2 novembre, giorno in cui, secondo il calendario cristiano, si commemorano i propri cari scomparsi. Le campane delle chiese richiamavano a raccolta i fedeli con rintocchi lenti e decisi, le cosiddette “Campane a morte” (in dialetto ” ‘U cambèn a murt“); così i luoghi di culto si popolavano per la tradizionale recita delle preghiere.
In casa le famiglie usavano accendere i tipici due ceri, la cui luce serviva per mantenere vivo il ricordo dei familiari scomparsi. L’atmosfera che si viveva richiamava quella di un funerale, erano assolutamente vietati balli, canti e qualsiasi dimostrazione di felicità. I contadini, al ritorno dai campi dove in questo periodo dell’anno avviene la raccolta delle olive, la sera non si intrattenevano nel vicinato come di consueto, bensì rientravano a casa mantenendo un clima di religioso e rispettoso silenzio. L’atmosfera tetra delle vie dei Sassi faceva da scenario naturale per leggende e racconti, la maggior parte dei quali aventi come protagonisti i fantasmi di parenti defunti.
1 e 2 novembre, la visita al “Cimitero vecchio” (“Quambsond vecchij”)
I giorni 1 e 2 novembre si era soliti recarsi presso il vecchio cimitero cittadino (“Quambsond vecchij“), in via IV Novembre, per visitare le tombe dei propri cari ed adornare le lapidi con fiori freschi. Le famiglie più povere non potevano permettersi le lapidi, per questo motivo erano molto frequenti sepolture sotto terra (“Prcuèt sotta tarr“), indicate semplicemente da un pezzo di con inciso un numero (che identificava il defunto sui registri del cimitero).
I morti che appartenevano a famiglie benestanti o alle Confraternite trovavano posto nei loculi costruiti lungo il perimetro del cimitero o all’interno delle cappelle nobiliari. Una colorita espressione dialettale paragonava i loculi, ricavati nelle pareti, ai cassetti dei tavoli, detti comunemente tiretti, da qui l’espressione “I gjt iund o tratjr” (letteralmente “E’ andato nel tiretto”). Nelle cappelle delle Confraternite trovavano posto le salme dei fedeli che durante la vita avevano contribuito alla costruzione della stessa con le donazioni. Ancora oggi, percorrendo il perimetro del vecchio cimitero, è possibile trovare un terzo tipo di sepoltura (“Sbbjltjr“), ovvero le botole ricavate nel pavimento.
Il gioco dei bambini
Passato il 2 novembre terminava il periodo di silenzio e raccoglimento, i bambini potevano quindi riprendere a giocare. I più piccoli usavano la base dei ceri, ormai totalmente consumati, per costruire giochi improvvisati; veniva creato con un chiodo un foro al centro del cerchio, al suo interno si infilava lo spago per una lunghezza di circa un metro. Per evitare che da una estremità del foro fuoriuscisse lo spago, veniva fatto un nodo. Gruppi di bambini, in competizione fra loro, si divertivano quindi a correre facendo rotolare il cerchio tenendolo per una estremità dello spago, cercando di mantenerlo in equilibrio. Vinceva chi riusciva a far arrivare il più lontano possibile il cerchio senza farlo cadere.