(statua del Cristo Morto portata in processione dai fedeli durante la Via Crucis del “Venerdì Santo”)
Con l’arrivo della domenica delle Palme in casa si iniziava a respirare maggiormente l’atmosfera pasquale. In questo giorno si cercava di porre fine ai litigi all’interno delle famiglie e dei vicinati scambiandosi le palme ed i ramoscelli di ulivo in segno di pace. Si dava quindi inizio alla Settimana Santa, sei giorni che terminavano con il Sabato Santo in cui erano assolutamente aboliti i canti e qualsiasi manifestazione di allegria. Queste semplici ma rigide regole erano rispettate in maniera rigorosa da tutti i componenti della famiglia.
Un’usanza più moderna, ma che man mano va scomparendo, vede i bambini protagonisti di questa giornata. I più piccoli, infatti, si recavano alla prima messa della mattina per benedire le palme, per poi venderle a poche lire casa per casa.
(taralli con lo zucchero, in dialetto “Vjscutt n’gjljppèt“, dolce tipico materano delle festività di Pasqua)
Durante questa settimana le donne iniziavano la preparazione dei dolci tipici della tradizione materana per la Santa Pasqua: le friselle (“‘U frjsed“), i biscotti (“‘U vjscutt“), le cancelle (“‘U cangedr“), gli amaretti (“‘U strazzèt“), i taralli con lo zucchero (“‘U vjscutt n’gjljppèt“) ed infine la pannarella (“La pannarèdd“); quest’ultimo dolce era a forma cestino per il pane (“Panare“, in dialetto “Panèr“), oppure di cavallo per i bambini e di gallina per le bambine.
(pannarella, in dialetto “Pannarèdd“, anch’esso dolce tipico materano delle festività di Pasqua formato da )
La Settimana Santa rappresenta il periodo della Quaresima spiritualmente più intenso per i fedeli. Man mano che ci si avvicina alla domenica di Pasqua le cerimonie religiose si fanno sempre più affollate a partire dalla Consacrazione degli Oli, il Giovedì Santo, con la funzione che si svolge in Cattedrale, presieduta dal Vescovo, a cui prendono parte tutti i parroci della diocesi. La sera dello stesso giorno nelle parrocchie viene ricordata l’ “Ultima Cena” con la classica “Lavanda dei piedi”. L’altare viene spogliato dei suoi ornamenti, per questo motivo la messa veniva definita “Messa disordinata“, in dialetto “La mass sciscièt“.
Sin dal Giovedì Santo le donne ed i bambini portavano (e portano ancora oggi) in chiesa il cosiddetto “Grano di Cristo“, in dialetto “‘U irièn d Crust“. Il grano viene fatto germogliare in un piatto, o vassoio di argilla, mantenuto al buio per farlo crescere più sottile e chiaro, per poi essere disposto (addobbato con fiori e carta crespa colorata) in un apposito spazio all’interno della parrocchia, chiamato “Sepolcro”. E’ ancora viva la tradizione che prevede la visita, da parte delle famiglie, di un numero dispari di chiese (e quindi di sepolcri) tra il Giovedì ed il Venerdì Santo.
(una delle targhe in bronzo realizzate dall’artista Tito ed installate nei Sassi, lungo il percorso che anticamente veniva interessato dalla Via Crucis)
La funzione del Venerdì Santo è incentrata sulla Via Crucis, processione che, in tempi antichi, si svolgeva tra le vie dei Sassi; le fermate (o stazioni) di questa originalissima Via Crucis materana vengono oggi ricordate da formelle in bronzo, realizzate dall’artista Tito (Padre Passionista), applicate sulle pareti di tufo seguendo l’originale itinerario nei rioni Sassi.
Durante questa processione i fedeli, vestiti rigorosamente con abiti scuri, portano in spalla la statua di Gesù Cristo morto, seguita da quella della Madonna Addolorata. Le statue vengono esposte fin dalla mattina nella chiesa del Purgatorio Nuovo, situata “Al piano” (precisamente in via Ridola). La processione è accompagnata dalla banda musicale che per l’occasione esegue il repertorio religioso funebre.
(statua della Madonna Addolorata portata in processione durante la Via Crucis)
In passato durante la processione i fedeli intonavano un canto in dialetto chiamato ” ‘U v’n’rdia Sond” (Il Venerdì Santo), che descriveva, con ritmi e cadenze somiglianti ad una marcia funebre, gli ultimi istanti della vita di Gesù Cristo. Ecco di seguito la canzone, ormai andata perduta, cantata da Claudio Mola, musicista e cantante materano di musica folk.
Si giungeva così alla vigilia della Pasqua. La sera del Sabato Santo i bambini giravano per le vie dei Sassi annunciando la celebrazione della messa della Resurrezione di Gesù e la benedizione del Cero Pasquale. Per richiamare l’attenzione dei materani i più piccoli utilizzavano un oggetto simile ad una tavola di ferro chiamato “Tracca troch“, il cui rumore cupo ed aspro che produceva quando lo si agitava simboleggiava la Passione di Gesù.