Giuseppe De Robertis nasce a Matera, dove compie gli studi ginnasiali e liceali, e nell’autunno del 1907 si trasferisce a Firenze dove completerà gli studi universitari, allievo di grandi filologi e storici come Parodi, Mazzoni, Barbi, Vitelli. Molto segnato dal dialogo con Renato Serra, come testimonia tra gli altri fatti l’epistolario del cesenate, inizia nel maggio 1912 a collaborare alla rivista letteraria La Voce e negli anni tra il 1914 e 1916 ne diventa direttore con il consenso positivo di Giuseppe Prezzolini suo predecessore. Dopo aver insegnato materie letterarie presso il Conservatorio di Firenze, nel 1920 gli venne assegnata la docenza di Storia della letteratura italiana presso l’Università di Firenze.
Dal 1922 inizia la sua ricca produzione critica, con una scelta dello Zibaldone leopardiano e un imponente studio critico dedicato alla poesia di Salvatore Di Giacomo, argomento della sua tesi di laurea, che peraltro non pubblicò mai in volume. Dopo un breve soggiorno a Bologna, ritorna a Firenze come insegnante di materie letterarie presso il Conservatorio L. Cherubini. Nel 1938 ottenne la cattedra presso l’Università di Firenze, subentrando ad Attilio Momigliano, che da essa fu espulso a seguito delle leggi razziali. Oltre alla collaborazione alle più importanti riviste del Novecento, tra cui Pegaso e Pan, De Robertis fu autore di acute analisi critiche e di edizioni commentate degli autori classici, soprattutto delle poesie del Poliziano, del Foscolo e del Leopardi. Nell’analizzare i testi letterari il De Robertis fu sempre attento ai valori lirici affidandosi ad un sottile gusto per lo stile. Uno dei suoi scopi fu quello di fare da ponte fra critica militante e cultura universitaria, tra critica dei classici e dei contemporanei. Suo figlio Domenico De Robertis (Firenze, 18 gennaio 1921 – Firenze, 17 febbraio 2011) critico letterario e filologo italiano anch’egli critico letterario, si laureò a Firenze con Mario Casella e fu discepolo di Gianfranco Contini.
Libero docente nel 1956, insegnò nelle università di Torino, Cagliari, Pavia e poi, a lungo, a Firenze. Accademico della Crusca, di cui diresse il Centro di Studi di Filologia Italiana e la rivista Studi di Filologia Italiana, dedicò il suo primo importante lavoro al Canzoniere Escorialense (1954), manoscritto di origine veneta, conservato presso la Biblioteca di El Escorial, di cui dimostrò l’importanza per lo studio dei poeti stilnovisti, in particolare di Cino da Pistoia, e delle rime di Dante Alighieri. Sugli stilnovisti continuò a lavorare, pubblicando tra l’altro nel 1986 un’edizione commentata delle rime di Guido Cavalcanti, mentre nell’ambito degli studi danteschi pubblicò nel 1961 una monografia sulla Vita nuova e nel 2002 la monumentale edizione critica in 5 tomi delle Rime, di cui diede nel 2005 anche una edizione minore commentata. Fu tra i primi a considerare i canzonieri come strutture organiche anziché semplici contenitori di testi. Dedicò anche studi al Petrarca, al Morgante di Luigi Pulci, alla poesia del Quattrocento e ai Cantari, narrazioni novellistiche in versi diffuse fra Tre e Quattrocento. Pubblicò, inoltre, una nuova edizione ampliata del commento del padre Giuseppe ai Canti di Leopardi (1978) e poi una edizione critica degli stessi (1984). In ambito novecentesco fu studioso di Dino Campana e di Ungaretti.
Giuseppe De Robertis morì a Firenze il 7 settembre 1963, mentre suo figlio morì sempre nel capoluogo toscano il 17 febbraio 2011.