L – Lamanna Eustachio P., Lanfranchi Vincenzo, Lanfreschi Francesco, Lauria Emanuele, Lazzazzera Rocco, Levi Carlo, Loperfido Antonio, Loperfido Luigi
Lamanna Eustachio P.
Filosofo – Rettore dell’Università di Firenza – Nacque a Matera il 9 agosto 1895, si spense a Firenze il 12 giugno 1967.
Fu avviato agli studi da padre Angelo Raffaele, che sognava di vederlo sacerdote. Eustachio Paolo, anche se poco incline alla vita ecclesiastica, assecondò tale volere, indossando l’abito di seminarista e frequentò il Liceo “Duni” di Matera.
Terminati gli studi liceali, si trasferì a Firenza, ove conseguì la laurea in Lettere e quella in Filosofia.
Nel frattempo aveva abbandonato l’abito di seminarista. Stabilì la sua residenza a Firenze, ove fu presto libero docente e, in seguito ordinario presso la locale Università degli Studi. Negli ultimi anni divenne Magnifico Rettore.
Morì nel giugno del 1967. La sua scomparsa suscitò grande eco nel mondo culturale italiano ed europeo.
Lanfranchi Vincenzo
Arcivescovo – Nacque a Napoli. Fu nominato Vescovo della Diocesi di Matera e Acerenza il 30 dicembre 1665, proveniente dalla chiesa di Trivento.
A lui si deve la costruzione del Seminario, su progetto dell’architetto cappuccino Fr. Francesco da Copertino, che inglobò la chiesa del Carmine coll’annesso monastero eretto nel 1608 e divenne nel tempo sede degli studi dei laici e dei religiosi, nonchè centro di cultura e civiltà.
L’Istituto religioso fu pronto il 31 agosto 1672, dopo 4 anni di lavori, Monsignor Lanfranchi per detta opera, erogò dai suoi fondi 10.207 ducati, integrando la somma di 1610 ducati che i cittadini e il clero avevano già raccolto.
Si deve ancora al Lanfranchi l’aver promosso è dato valore alla chiesa di Sant’Eligio, ampliata a spese dei “Pastori Cittadini”.
Lanfreschi Francesco
Arcivescovo – Nacque ad Ischia, dai marchesi di Bellavena. Si addottorò in legge e divenne maestro in Sacra Teologia. Fu prima Vescovo di Gaeta e nel 1738 Arcivescovo di Matera, per volontà di Papa Clemente XII.
Resse la sede per 16 anni e il suo impegno fu rivolto soprattutto alla consacrazione di varie chiese ed altari e in particolare alla cura del Seminario, con la predisposizione dei relativi Statuti.
Fu lui a conferire a Emanuele Duni la cattedra di Diritto Civile, nel Seminario del Lanfranchi.
Morì a Napoli il 9 febbraio 1754.
Lauria Emanuele
Generale – Nacque a Matera nel dicembre 1895 e morì a Cosenza il 3 dicembre 1975.
Fu valoroso combattente nelle guerre del 1915 e del 1940 e fece parte dei nuclei volontari armati che si costituirono nel dopoguerra.
Gli fu conferita la medaglia d’oro di Vittorio Veneto, la croce d’oro dal governo francese e l’onoreficenza di cavaliere d’Italia.
Lazzazzera Rocco
Eroe nazionale – Nacque a Pisticci nel 1898 e morì a Klisura nel 1941.
Letterato, giornalista, combattè nella prima guerra mondiale, in Africa nel 1935 e in Albania nel 1941 e gli furono conferite medaglie di bronzo, croci di guerra, cinque medaglie d’argento e, infine, gli fu concessa alla memoria la medaglia d’oro al valor militare.
Morì in combattimento il 14 aprile 1941, sul fronte albanese, col grado di Maggiore dei Carabinieri.
La sua salma fu tumulata nel Cimitero militare di Quota 371 (Barat).
Levi Carlo
Medico – Pittore – Scrittore – Nacque a Torino nel 1902, ivi studiò e si laureò in medicina. I suoi interessi furono soprattutto artistici e letterari, oltre che sociali e politici.
Durante il Fascismo, per le sue idee liberali, fu confinato in Lucania 1935-1936; nel ’39 espatriò clandestinamente in Francia, incontrandosi con Nicola Chiaromonte, Emilio Lussu, Veniero Spinelli ed altri, ai quali espose il proprosito di scrivere un libro sul confino in terra di Lucania. Da tale esperienza nacque il famoso Cristo si è fermato ad Eboli, scritto a Firenze dal Natale 1943 alla fine del luglio 1944, nel momento più drammatico della guerra, dove egli narra la scoperta di una diversa civilità: quella dei contadini di Aliano.
Il libro ottenne grande successo anche fuori d’Italia, oltre che per la novità del tema, anche per la straordinaria suggestione lirica che avvolgeva la narrazione. Al libro, in anni più recenti, si ispirò il regista Franco Rosi, per la realizzazione di un film girato ad Aliano ed a Matera, negli stessi luoghi in cui Levi era stato confinato e vi ritornava con nostalgia.
Altra sua opera, scritta nel 1950, è L’orologio. Seguirono alcuni reportages, in cui l’autore riferisce le impressioni dei suoi viaggi in Sicilia, Russia, Germania, Sardegna. Diresse La Nazione del Popolo eL’Italia libera.
Levi fu senatore durante la quarte e quinta legislatura come indipendente nelle liste del P.C.I.
Grandissima e apprezzatissima fu anche l’opera di Levi pittore.
Matera oggi lo ricorda non solo con una via a lui intitolata, ma anche con una fondazione culturale che porta il suo nome e che ha sede presso il palazzo Lanfranchi, in via Ridola.
Qui sono esposti tutti i quadri che egli ha donato alla “Città dei Sassi e delle Gravine”, nei quali ritroviamo la realtà contadina lucana, così come egli la vide e la cantò. Levi individuò in “Lucania ’61”, il dipinto che espose a Torino in occasione del centenario dell’Unitià d’Italia, la civiltà contadina dolente e immota, radicata nella terra e il pianto civile intorno a Rocco Scotellaro, l’intellettuale agitatore di Tricarico, morto nel 1953, ma soprattutto colse con la colossale opera la tensione civile e politica che animò in quel periodo la “scoperta della società meridionale”.
Nella sua ultima visita ai Sassi, l’8 dicembre 1974, Carlo Levi dichiarò ad “Epoca”:
“Per me, fra mille luoghi dell’Italia meridionale, Matera ha rappresentato la prima esperienza, la più vera, la più completa, il primo punto di contatto reale con i problemi della vita del popolo del Mezzogiorno. Le sono dunque particolarmente legato per quell’affetto che nasce da una vicenda comune che ha avuto un peso determinante nella nostra vita. Matera ha dunque per me il carattere di un luogo centrale e significante, quasi essa fosse, come per lungo tempo ha usato dire, la capitale del mondo contadino. Ma penso che anche obiettivamente, e non soltanto per quello che essa è per me, la sua realtà e i suoi problemi rappresentino un punto centrale tipico di quel grande movimento che va rinnovando e modificando sostanzialmente il Mezzogiorno, e che, dopo gli inizi degli anni consecutivi alla guerra, malgrado periodi di stasi e di difficoltà di ogni genere, è tuttavia in atto come il fenomeno più importante della storia unitaria del nostro paese”.
Struggente e suggestiva una delle tante descrizioni della sua Lucania:
“Umili sono i colori di questa terra che anche Virgilio e Dante hanno chiamato così: e proprio in questa umiltà è la sua bellezza; ho dipinto ieri il primo paesaggio grassanese, una distesa di colline e di campi bianco-giallastri, con radi alberi grigi, e le prime case bianche e grigie del paese. Mi pare di averne reso abbastanza bene il carattere e mi sono servito di una gamma di colori per me inusitata e che vi stupirebbe, che va dal giallo al violetto, senza conoscere nè l’azzurro nè il rosa.
Tutto quello che manca di colore durante il giorno, si ha invece al tramonto che è infuocato e splendido: ma dura pochi minuti, e subito arriva la notte..”.
Carlo Levi morì a Roma nel 1975 e, secondo i suoi desideri, fu sepolto nel piccolo Cimitero di Aliano, vicino a quei contadini che tanto amò e che lo avevano considerato una vittima del destino.
Loperfido Antonio
Astronomo – Geodeta – Nacque a Matera nel 1859 da famiglia modesta- Acquisì gli elementi basilari della cultura in una scuola materana e continuò con successo gli studi nell’Istituto Tecnico di Napoli. Nella Scuola degli Ingegneri di Torino completò l’iter scolastico.
Appena laureato lavorò presso le officine delle Ferrovie dello Stato, dove ebbe modo di rivelare le sue capacità; insoddisfatto, riprese gli studi e, per interessamento del professor Nicodemo Iadanza, di cui era discepolo prediletto, entrò a far parte del personale dell’Istituto Geografico Militare.
Il Direttore Generale dell’Istituto, Onorato Monì, conobbe il giovane Loperfido e ne apprezzò le qualità, per cui quando nel 1905 fu bandito un concorso per titoli al posto di Goedeta Capo, ne appoggiò saggiamente la candidatura.
Al Loperfido, oltre che la direzione del Servizio Geodetico, vennero affidati i lavori scientifici che interessavano la base fondamentale numerica dei dati cartografici e il compito di regolare i Corsi di Geodesia, ai quali collaboravano alti ufficiali di Artiglieria e del Genio.
Antonio Loperfido pubblicò circa centoventi libri ed opuscoli di carattere scientifico e può essere ritenuto uno studioso di incontrastato valore ed un Geodeta di fama internazionale. Fu sempre sorretto dalla meritata benevolenza dei superiori e della fede nelle proprie forze.
Approfondì lo studio dell’Astronomia Geodetica e delle altre scienze ad essa collegate, che gli consentirono la pubblicazione di preziose opere riguardanti il dinamismo del cielo e ottenne la nomina a libero docente di Geodesia presso la Regia Università di Torino.
Nel campo dell’astronomia egli diede un contributo notevole alla definizione della latitudine astronomica e dell’azimut del punto trogonometrico di Monte Mario, presso Roma, distinguendosi anche in altre iniziative di carattere scientifico, letterario, storico e filosofico.
Si spense a Campodoro, presso Padova, il 9 marzo 1938.
A Matera l’Istituto Tecnico Commerciale porta il suo nome.
Loperfido Luigi
“Il Monaco Bianco” – Nacque a Montescaglioso nel 1878 da una ostetrica e da un contadino. Per motivi di lavoro, emigrò col padre in America.
Ritornò in Italia all’inizio del ‘900. Apparve ai materani indossando una tunica bianca (a significazione del culto che egli nutriva per la romanità) e calzando sandali di legno; il viso era coperto da una barba bianca, i capelli erano lunghi e anellati.
Cominciò a far sentire la sua voce, parlando nelle aie su cui i contadini trebbiavano il grano dei ricchi padroni.
Furono in particolare le caverne dei sassi a far da scenario ai suoi incontri col popolo. All’inizio parlò di arte e dei fattori estetici, ritenendo che questi argomenti potessero smuovere gli animi dei contadini. Deluso, cambiò indirizzo e scelse argomenti di ordine socio-economico, fondando la prima Lega contadina con tremila soci e una Cooperativa di consumo. In quel periodo, a seguito di questi avvenimenti, il costo del pane ribassò da 7 a 6 soldi e ai proprietari furono imposti contratti più favorevoli ai lavoratori.
Nel giugno del 1902 fu organizzato il primo sciopero dei contadini, che durò tre giorni: quando i carabinieri negarono ai braccianti la possibilità di spigolare nelle terre dei proprietari, seguirono agitazioni che portarono al ferimento di una donna, alla morte di Giuseppe Rondinone, all’arresto del Monaco Bianco e di altri 24 soci della Lega. Il tribunale di Potenza li assolse tutti.
Loperfido festeggiò la liberazione con la fondazione di una Cooperativa di lavoro. Poichè i risultati non furono esaltanti, il Monaco Bianco, scoraggiato, divenne Pastore di una chiesa evangelica, suscitando l’interesse di larghi strati della popolazione, ma subendo l’aperta avversione della Chiesa.
Fu questo un suo errore, in quanto la strada socio-economica prima intrapresa a fianco dei contadini, poteva realmente rappresentare il mezzo per sollevare gli animi e le condizioni di vita degli emarginati e degli sfruttati, ma non gli si può disconoscere il merito di aver scosso gli animi dei contadini, di aver promosso le prime associazioni di lega e di aver indirizzato il popolo alla conquista della dignità umana.