Il 21 settembre 1943 rappresenta una data di fondamentale importanza per la storia della città di Matera. Questo giorno coincide con la ribellione del popolo materano e la conseguente cacciata degli oppressori nazisti dalla città, in cui si stanziarono per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale. Matera è stata la prima città del Mezzogiorno ad insorgere contro i tedeschi, per questo motivo la città è stata insignita inizialmente della Medaglia d’Argento al Valor Civile. Il giorno 3 agosto 2016 il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha annunciato che alla città verrà conferita la Medaglia d’Oro al Valor Civile, premiando così un gesto eroico che ha consentito al popolo materano di riguadagnare la dignità seppur pagandola a caro prezzo con la famosa, e purtroppo sanguinosa, strage di Matera.
Il contesto storico in cui sono avvenuti i fatti analizzati di seguito vede i nazisti già in ritirata dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 10 luglio 1943. Il Regno d’Italia, per pugno del maresciallo Pietro Badoglio, firmò l’armistizio di Cassabile il giorno 8 settembre 1943; con questo accordo cessarono le ostilità contro le forze Anglo-Americane Alleate e si diffuse nella penisola un clima di sospetto, paura e diffidenza tra gli italiani e le truppe tedesche dislocate nelle diverse città. L’esercito nazista, ormai in ritirata su tutti i fronti, sentitosi tradito dagli alleati italiani, iniziò a compiere saccheggi e sopprusi nei confronti del popolo italiano, e quindi anche materano, ostacolando di fatto l’avanzata delle truppe nemiche. La ribellione dei cittadini di Matera costrinse l’esercito tedesco ad affrettare i tempi ed abbandonare in fretta la città. Il sacrificio di questi uomini coraggiosi evitò il bombardamento della città ad opera degli Alleati (fino a quei giorni fermi a Montescaglioso) i quali, qualche giorno più tardi, poterono entrare facilmente a Matera.
Con la firma dell’armistizio, il palazzo della Milizia Volontaria di via Lucana venne abbandonato dai fascisti ed occupato interamente dai tedeschi del Primo Battaglione della Prima Divisione Paracadutisti, capeggiati dal maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg. Il generale è stato inserito in un rapporto redatto dal capitano inglese R.L. Stayer per conto del War Crime Group di Padova contenente i nazisti da “rintracciare e catturare”; il militare tedesco è ritenuto responsabile sia della strage di Matera sia dell’eccidio di Pietransieri, un’altra strage compiuta dall’esercito tedesco il 21 novembre 1943 nel comune di Roccaraso.
L’attegiamento ostile dell’esercito nazista nei confronti della popolazione fece nascere una sorta di intesa tra cittadini e militari dell’esercito fascista, ormai dismesso. L’ufficiale Nitti, capo delle forze fasciste, riuscì con grande astuzia a nascondere nelle abitazioni dei Sassi molte armi, consegnandole quindi ai materani.
(nel video alcune testimonianze di chi ha vissuto in prima persona il 21 settembre 1943)
Dal 18 settembre 1943 iniziarono gli episodi che portarono man mano alla ribellione generale, furono infatti imprigionati i primi soldati italiani. Ben 5 civili e 5 militari furono invece catturati il giorno 20 settembre. Il 21 settembre toccò ad altri due soldati italiani di ritorno dal fronte, Natale Farina e Pietrantonio Tataranni, anche loro condotti nel palazzo della Milizia. Il padre di Natale Farina, Francesco detto “Il Siciliano”, alla notizia della cattura del figlio si diresse subito alla Milizia per cercare di liberare il figlio, ma anche lui fu arrestato dalle milizie tedesche. Nel pomeriggio dello stesso giorno due finanzieri, presso la gioielleria Caione in via San Biagio, si imbatterono in due militari tedeschi. Secondo alcuni storici, i militari avevano appena compiuto una rapina, mentre la proprietaria della gioielleria ha confermato allo studioso Giovanni Caserta (come quest’ultimo afferma nel video in alto) che in realtà i tedeschi si erano recati nel negozio per fare delle compere in modo pacifico. La cosa certa è che da questo episodio ne nacque uno scontro a fuoco in cui ebbero la peggio i militari nazisti, che furono uccisi. I materani, spaventati per l’accaduto, cercarono di nascondere i cadaveri trasportandoli prima sotto l’arco di via Rosario e, successivamente, in una scalinata detta “La Scaricata” (in via San Biagio). Lo strano movimento non passò inosservato ad una truppa di tedeschi in perlustrazione, che allertò il comando generale. Nel contempo si trovava vicino al luogo dell’accaduto un civile materano, Emanuele Manicone, il quale, in una sala da barba in piazza Vittorio Veneto, accoltellò un militare austriaco; quest’ultimo poi corse in strada per richiamare alle armi i propri concittadini. Alcuni presenti nella sala da barba accorsero in aiuto del militare straniero, che si salvò dopo essere stato trasportato di corsa in ospedale. Uno studente materano sedicenne, Vincenzo Luisi, incuriosito dal fragore degli spari, si recò in piazza ma fu arrestato anch’egli dai nazisti nei pressi della Prefettura, per poi diventare qualche ora più tardi la vittima più giovane della strage di Matera. Il Sottotenente Nitti radunò sia militari che civili, li armò e li dislocò in parti strategiche di via San Biagio a proteggere il Comando di Sottozona della Finanza e la Prefettura.
Numerosi furono i casi di cittadini materani intervenuti spontaneamente contro il nemico. I tedeschi, giunti in piazza Vittorio Veneto, iniziarono a sparare verso i cittadini, sparsi sui tetti delle case e della chiesa di Materdomini, i quali risposero al fuoco. Le sparatorie per le vie della città durarono circa un paio d’ore. Durante lo scontro a fuoco tra i materani persero la vita Eustachio Guida, Francesco Paolo Loperfido, Antonio Lamacchia, Eustachio Paradiso; ci furono anche numerose perdite tra i soldati tedeschi. Emanuele Manicone con alcuni finanzieri si recarono presso la Caserma di Finanza di via Cappelluti, in questo luogo nacque un conflitto a fuoco con dei militari tedeschi, nello scontro persero la vita il civile Emanuele Manicone ed il finanziere Vincenzo Rutigliano. Quest’ultimo è stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare e l’attuale Caserma della Finanza di Matera è a lui intitolata.
I soldati tedeschi, al fine di rendere la città completamente buia al calar del sole, si diressero velocemente al palazzo della Società Elettronica per farlo saltare con delle mine. Fecero quindi uscire dallo stabile tutti i dipendenti con le loro famiglie, successivamente aprirono il fuoco colpendo a morte l’ingegnere Raoul Papini, Pasquale Zigarelli, Michele e Salvatore Frangione, l’ingegnere Mirko Cairola, mentre altri civili rimasero gravemente feriti. Nel tardo pomeriggio i tedeschi presero di mira a colpi di cannone l’abitazione del farmacista Raffaele Benedenti pensando che fosse la Caserma della Finanza; nella circostanza lo stesso Benedenti perse la vita. L’ultimo atto di questa sanguinosa strage si consumò presso il palazzo della Milizia, diventato successivamente una prigione in seguito all’abbandono dei fascisti. I nazisti decisero di abbandonare la città non prima di aver ucciso coloro che erano stati in precedenza imprigionati. Il palazzo fu fatto saltare in aria con all’interno sedici persone: Francesco e Natale Farina, il soldato materano Pietro Tataranni, il sedicenne Vincenzo Luisi, quattro uomini di Martina Franca catturati dai tedeschi mentre si recavano a Matera per una causa in tribunale ed accusati di essere spie degli inglesi, ed otto militari imprigionati nei giorni precedenti ed accusati di diserzione e tradimento. Nell’esplosione morirono quindici persone, ovvero tutti coloro che si trovavano nello stabile, fatta eccezione di un soldato di nome Giuseppe Calderaro, classe 1922 e nativo di San Donato, piccolo paese della provincia di Lecce. Calderaro, estratto dalle macerie dai vigili del fuoco il giorno seguente riportando gravi ustioni, nella sua deposizione confermò che nell’edificio al momento dell’esplosione erano presenti sedici persone, sebbene i cadaveri ritrovati furono solamente undici, di cui dieci identificati ed uno classificato come sconosciuto, probabilmente un bersagliere. Oltre alle salme di coloro che hanno perso la vita nell’esplosione, al cimitero di Matera furono seppellite altre bare contenenti altri resti umani di cui non fu possibile effettuare il riconoscimento. Documenti dell’eccidio sono oggi conservati nel cosidetto “Armadio della vergogna”, un armadio rinvenuto nel 1994 in un locale di palazzo Cesi-Gaddi (sede di vari organi giudiziari militari), in via degli Acquasparta nella città di Roma; qui furono trovati ben 695 fascicoli d’inchiesta ed un Registro generale riportante 2274 notizie di reato, relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazifascista, compresa la strage di Matera.
Nelle immediate vicinanze del luogo in cui sorgeva il palazzo della Milizia, in via Lucana, è stato eretto un Cippo a ricordo del tremendo eccidio, mentre il 21 settembre 2005 qui ha trovato collocazione una lapide commemorativa che riporta i nominativi delle vittime seguiti dalla scritta “E con loro cinque cittadini ignoti”. Accanto alla Prefettura, in piazza Vittorio Veneto, è stato posto il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, mentre altre lapidi sono state affisse: il 21 settembre del 1944 a lato della Prefettura, il 21 settembre 2003 sulla facciata di quello che un tempo era il palazzo della Società Elettrica in via Lucana ed infine il 21 settembre 2008 in via Cappelluti di fianco al palazzo della Camera di Commercio. Nei pressi del palazzo del Comune è stato collocato un altro monumento, realizzato dallo scultore V. Basaglia, a ricordo degli epiloghi sanguinosi della Resistenza.
Ogni anno la città ricorda i suoi eroi e le vittime della strage di Matera con le celebrazioni presso i monumenti ai caduti in piazza Vittorio Veneto e nei pressi della Milizia. A questa cerimonia prendono parte le principali autorità della regione, oltre che la cittadinanza tutta. Matera rende così onore a coloro che hanno valorosamente sacrificato la propria vita per l’intera città.