Il grano Senatore Cappelli è un grano duro autunnale, ottenuto dal genetista Nazareno Strampelli agli inizi del XX secolo. Rilasciata nel 1915, la nuova varietà di frumento fu dedicata al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia, che negli ultimi anni dell’Ottocento, assieme al fratello Antonio, aveva avviato le trasformazioni agrarie in Basilicata e Puglia sostenendo Strampelli nella sua attività, mettendogli cioè a disposizione campi sperimentali, laboratori ed altre risorse. Il frumento Cappelli, nonostante fosse alto (circa 150-160 cm), tardivo e suscettibile alle ruggini ed all’allettamento, ebbe grande successo grazie alla sua larga adattabilità, alla sua rusticità ed alla eccellente qualità della sua semola. L’introduzione di questo grano, durante il Regime Fascista, determinò l’aumento delle rese medie. Nel trentennio dagli anni ’20 agli anni ’50, fino al 60% della superficie nazionale a grano duro era investita a Cappelli, che si diffuse in seguito anche in altri paesi del Mediterraneo. Le modeste densità di semina, la limitata fertilità del terreno ed il basso consumo di fertilizzanti contribuirono per lungo tempo ad alleviare il problema dell’allettamento associato all’elevata statura di questa coltura.
Dopo la II Guerra Mondiale, la ricerca biologica ha consentito di scoprire varietà di grano in grado di valorizzare la somministrazione di quantità crescenti di concimi; inoltre, l’ampia disponibilità di erbicidi ha determinato una maggiore competitività delle piante basse, il miglioramento genetico fu dunque orientato soprattutto alla riduzione della taglia ed all’aumento della precocità. Le varietà Capeiti 8 e Patrizio 6 segnarono l’inizio del declino del grano duro Cappelli, dopo decenni di dominio incontrastato; queste nuove tipologie risultarono più produttive, precoci di circa 10-15 giorni rispetto al Cappelli e più resistenti all’allettamento, anche se di peggior qualità.
Oggi il Cappelli è ancora coltivato in piccola percentuale, dopo quasi un secolo, in particolare nel meridione d’Italia, nelle regioni di Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna; questa materia prima contribuisce alla produzione di pane e pasta di qualità superiore, oltre che prodotti biologici, nicchia questa per la quale si va sviluppando un mercato sempre più interessante.
A Matera le massaie utilizzavano la semola, cioè la farina di grano duro macinata, in diversi contesti: per produrre la pasta fatta in casa, la semola rimacinata per fare il famosissimo pane e, infine, l’ultimo scarto era la crusca che serviva come cibo per le galline, polli e maiali. Per i dolci veniva usata la farina di grano tenero, la cosidetta “farina doppio zero” (in dialetto “Maielc“). Dalla lavorazione derivava anche il farro, che era il primo prodotto ottenuto dal grano sotto la macina a pietra, spesso sostituto del classico riso.
Oggi la farina di grano duro Senatore Cappelli è ancora utilizzata da un gruppo di panificatori di Matera che ha dato vita all’Associazione Panificatori di Matera, gli unici che possono fregiarsi del titolo di produttori del famoso Pane di Matera IGP.